Acqua, una risorsa preziosa da proteggere

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FONTE: https://www.infobuildenergia.it

L ’acqua sta diventando uno dei maggiori problemi del futuro, fonte di guerre di accaparramento, è l’oro nero del domani. E’ necessario limitare il consumo delle acque in bottiglia più costose e inquinanti, promuovendo quello dell’acqua del rubinetto, sicura ed economica. Gli effetti del cambiamento climatico sull’acqua. La nuova direttiva europea che aggiornerà il DL 31/2001
Cresce in maniera costante la domanda di acqua, con l’agricoltura che da sola rappresenta il 75% del consumo globale di acqua. D’altra parte è una risorsa sempre più scarsa e ci sono dei fattori legati al cambiamento climatico e all’inquinamento che la rendono sempre meno disponibile, a livello globale ci sono migliaia di persone colpite dalla scarsità d’acqua.

La risorsa idrica è scarsa e sempre più preziosa: il 97,5% dell’acqua del nostro pianeta è salata e della parte rimanente i 2/3 sono ghiaccio.

Il cambiamento climatico: effetti sull’acqua

Come sappiamo il cambiamento climatico, dovuto principalmente dalle emissioni di gas serra, causa l’aumento delle temperature, la trasformazione dei regimi metereolgici, con eventi climatici estremi sempre meno rari, ma non solo.
Come ha infatti spiegato il giornalista ambientale Emanuele Bompan nel corso dell’evento “Qualità dell’acqua: tra sostenibilità, sicurezza e disinformazione”, un altro elemento con cui si manifesta il cambiamento climatico è l’acqua: “Si trasforma infatti il regime idrico, dove fa più caldo aumentano i fenomeni siccitosi, ci sono aree del pianeta che stanno diventando sempre più aride, avanzano i deserti, l’agricoltura deve affrontare questi problemi e deve rendere disponibile l’acqua attraverso la costruzione di infrastrutture per canalizzare l’acqua in aree che sono sempre più calde e richiedono sempre maggiore quantità di irrigazione. Allo stesso tempo in altre aree aumenta la piovosità e si creano fenomeni molto intensi con danni diretti per l’agricoltura e diventa difficile catturare quest’acqua che tende a fluire molto velocemente”.
Intanto diminuiscono i ghiacciai che da sempre sono stati dei grossi serbatoi d’acqua pronti a fornire durante la primavera l’acqua necessaria alle diverse attività. Ma purtroppo stiamo perdendo questi stock: molti dei ghiacciai sono praticamente estinti, altri scompariranno nel corso di 50/100 anni; senza dimenticare che l’innevamento è sempre più ridotto.
Tutto questo ha provocato danni incalcolabili in alcune zone del pianeta, continua Bompan, ci sono per esempio aree che erano agricole ora desertificate vicino al Lago d’Aral, a causa del sovraconsumo dell’acqua e del fenomeno concomitante del cambiamento climatico.

Un ulteriore problema è dato dal fatto che molte aree esposte a stress idrico alto sono anche densamente popolate, per esempio in Cina e India ma anche in alcune zone del Mediterraneo orientale o dell’America settentrionale. Secondo un recente Rapporto dell’UNICEF e dell’Organizzazione Mondiale della Sanità sulle disuguaglianze nell’accesso all’acqua, circa 2,2 miliardi di persone in tutto il mondo non hanno servizi di acqua potabile gestiti in modo sicuro, 4,2 miliardi di persone non hanno servizi igienico-sanitari gestiti in modo sicuro e 3 miliardi non dispongono di servizi di base per lavarsi le mani. Sebbene siano stati compiuti progressi significativi verso l’accesso universale all’acqua come diritto di base, vi sono enormi lacune: troppo spesso l’acqua non è pulita, non è sicura da bere, è lontana, oppure l’accesso ai servizi igienici è pericoloso o limitato.
Il rapporto rivela che dal 2000 ad oggi 1,8 miliardi di persone hanno avuto accesso ai servizi di acqua potabile di base, ma ci sono grandi disuguaglianze nell’accessibilità, disponibilità e qualità di questi servizi. Si stima che 1 persona su 10 (785 milioni) non disponga ancora di servizi di base, compresi i 144 milioni di persone che bevono acqua non trattata, 8 persone su 10 che vivono in zone rurali non hanno ancotra accesso a questi servizi.

La corsa all’accaparramento dell’acqua

Succede da sempre purtroppo che quando la domanda di un bene cresce ma la sua disponibilità diminuisce, questo diventa prezioso e di interesse strategico per Stati, imprese, multinazionali. Non fa eccezione l’acqua: è in corso da tempo ormai, ci spiega Bompan, una corsa all’accaparramento dell’acqua (water grabbing): le società private o comunque gli attori potenti vogliono controllare le risorse idriche soprattutto nei casi in cui ci sia un soggetto debole, nei paesi in cui non è presente uno stato di diritto e che dunque sono esposti perfino ad abusi: “vengono depredati delle risorse dei propri ecosistemi”.
Gli investimenti nelle risorse idriche nei prossimi anni saranno uno dei mercati più interessanti e fruttiferi, in positivo e in negativo. Ciò vuol dire che saranno realizzate infrastrutture per garantire alle popolazioni un servizio idrico di qualità, ma ci saranno anche privatizzazioni a discapito di società o paesi più fragili. Fra i più esposti vi sono per esempio il Gabon, il Congo, e il sud del Sudan.
Oggi c’è un grande boom di costruzione di dighe che da un lato sono positive perché producono energia a impatto quasi zero riducendo il problema del cambiamento climatico, ma possono essere usate anche a livello politico e in aree politiche geosensibili possono diventare una minaccia: nel caso per esempio di tensioni tra due stati confinanti, il più forte può smettere di rilasciare acqua “riaprendo i rubinetti” solo nel momento in cui venga trovato un accordo.
E’ il caso, spiega Bompan, del fiume Mekong lungo il quale sono già state realizzate molte dighe e l’intenzione è di costruirne altre. Il Vietnam, ultimo Stato lungo il Mekong, è stato il primo paese a firmare un trattato internazionale sulle acque transfrontaliere per paura di trovarsi con insufficiente portata idrica a causa della loro costruzione.
Ci sono impatti anche sulle popolazioni locali che spesso non vengono compensate e vengono spostate in maniera forzosa mentre l’energia prodotta viene portata verso la capitale o ceduta alle popolazioni confinanti.

Il ruolo politico dell’acqua

Le infrastrutture sono diventate strumenti di controllo politico. Tra il 2000 e il 2009 l’Unesco ha censito 94 conflitti in cui l’acqua aveva un peso importante. Tra il 2010 e il 2018 i conflitti sono diventati 263. E se calcoliamo anche le tensioni transfrontaliere, secondo i dati delle Nazioni Unite arriviamo a quasi a 500 conflitti.
Oggi sono 5 miliardi le persone che vivono in Stati con condivisioni di acqua transfrontaliere, i potenziali conflitti sono moltissimi. Esistono per fortuna dei trattati che aiutano le gestione della risorsa tra frontiere ma molti paesi non li hanno firmati.
In alcuni casi si tratta di una disputa diretta per il controllo dei sistemi idrici che spesso porta al logoramento delle infrastrutture (per esempio in Siria, in Yemen, c’è poi il conflitto israeliano palestinese che però è particolarmente complesso e meriterebbe un articolo a parte).
Il diritto all’acqua nel mondo
E’ un diritto internazionale sancito dalle Nazioni Unite nella risoluzione 64/292 del 2010 che definisce “l’acqua potabile come essenziale per la realizzazione dei diritti umani”. Tale risoluzione è stata riconosciuta dal 75% dei paesi ma purtroppo in molti casi a livello nazionale il diritto ambientale e quello sull’acqua non prevedono il diritto di accesso a risorse idriche adeguate, vi sono comunità che non hanno ancora accesso ai servizi igienico sanitari.
Si impone un lavoro a livello giuridico di inclusione di questo principio dell’acqua come diritto universale e come un bene fondamentale.

Acqua in bottiglia, elemento critico

Lauro Prati, Presidente di Acqua Italia, associazione nazionale che fa parte di Confindustria cui fanno capo le aziende che producono impianti per il trattamento acqua e quelli necessari per renderla potabile e sanificata, ci spiega che nel nostro paese i costi ambientali legati all’acquisto di acqua in bottiglia di plastica monouso sono molto elevati.
Negli ultimi anni anche in Italia è aumentata la consapevolezza della qualità dell’acqua del rubinetto ma c’è ancora molto da fare. Secondo una ricerca sull’acqua commissionata da Culligan a Lifegate e all’Isituto di Ricerca Eumetra, un italiano su 2 infatti dichiara ancora scarso interesse al tema, “nel nostro paese la risorsa idrica è data per scontata, apriamo il rubinetto e scende, in realtà siamo tra i pochi fortunati”.
Questo scarso interesse provoca comportamenti non sempre sostenibili. Prima di tutto va sottolineato che l’acqua dell’acquedotto è ottima: i nostri acquedotti e di conseguenza le nostre acque sono tra i migliori in Europa.
Eppure siamo il secondo consumatore al mondo dopo il Messico per il consumo di acqua minerale in bottiglia e naturalmente il primo in Europa.
Per la maggior parte si tratta di bottiglie di plastica monouso con ciò che comporta in termini di inquinamento, parliamo di 2.5 milioni di tonnellate di CO2 utilizzati per produrle e di plastica gettata nell’ambiente che inquina i nostri mari.

L’acqua delle bottiglie è sicuramente di qualità ma ci sono dei microinquinanti presenti all’interno delle acque minerali che in certe condizioni vengono rilasciati dalla plastica.
Inquinamento dovuto alla produzione della plastica
Le problematiche non sono per forza legate alla qualità dell’acqua ma a una serie di altri fattori. C’è un decreto specifico che per esempio vieta che le confezioni di plastica siano esposte al sole e sono previste multe fino a 1500 euro, ma quante volte è capitato a tutti noi di vedere bancali con bottiglie fuori dai supermercati o trasportati su camion aperti?
I contenitori di PET, ovvero la plastica utilizzata per le bottiglie, se stressati termicamente, rilasciano delle sostanze che vanno a modificare la composizione.
Non dobbiamo poi dimenticare il costo: l’acqua in bottiglia costa circa 30 centesimi al LT, a cui vanno aggiunti quelli di produzione, trasporto e smaltimento plastica, contro 1 euro e mezzo al m3 dell’acqua del rubinetto.

Diamo qualche numero. Nel 2017 sono stati confezionati 15 miliardi di litri di acqua e l’82% di queste bottiglie è in PET, che naturalmente necessita di utilizzare il petrolio per la sua produzione.

Circa l’80% delle bottiglie viaggia, in alcuni casi viene esportata fuori Italia, un tir che trasporta l’acqua e torna indietro emette circa 1 tonnellata di CO2 per ogni viaggio, oltre al traffico che genera. E poi c’è l’enorme problema dello smaltimento: non tutta la plastica viene smaltita, in parte viene erroneamente buttata nell’indifferenziata e a volte viene dispersa nell’ambiente: ogni giorno oltre 700 tonnellate di rifiuti plastici finiscono nel Mediterraneo. A livello mondiale tutta la plastica finita negli oceani ha generato le tristemente famose isole di plastica.

La normativa italiana ed europea

Giorgio Temporelli, Consulente Tecnico Aziendale e divulgatore scientifico, ci spiega che è in arrivo una nuova direttiva europea che andrà a sostituire il Decreto 31/2001 che disciplina l’acqua di rubinetto.

Ci sono 2 tipologie di acqua: quella di rete e quella minerale. Queste 2 tipologie di sono normate da differenti decreti pur essendo l’acqua potabile tutta quella che si può bere.

In particolare il DL 31/2001 inquadra la qualità, le caratteristiche, i controlli che devono avere le acque del rubinetto che vengono definite come trattate o non trattate, destinate ad uso potabile o per altri usi domestici…
Le acque di ottima qualità sono quelle trattate poco, anche se spesso per il consumatore sono quelle prive di odori o retrogusto, per esempio di cloro.
Il garante della qualità è il gestore dell’acquedotto che deve garantire, attraverso controlli esterni lungo la rete di distribuzione e nell’impianto di potabilizzazione, che l’acqua potabile sia salubre e pulita e non contenga microorganismi e sostanze in concentrazioni tali da poter rappresentare un pericolo per la salute.

Le acque in bottiglia sono normate DM 10 febbraio 2015: sono previste concentrazioni assolutamente differenti.
L’Unione sta per emettere una nuova direttiva europea sull’acqua da bere che dovrebbe entrare in vigore entro la fine dell’anno e prevede nuove regole rispetto al DL 31/2001. Lo scopo è di facilitare l’accesso all’acqua potabile a tutti i cittadini riducendo il consumo delle acque in bottiglia: secondo Bruxelles potrebbe portare alla riduzione del 17% di acqua in bottiglia di plastica con un risparmio stimato di 600 milioni all’anno per tutti i consumatori europei. Saranno inoltre introdotti nuovi parametri, trattamenti e controlli allo scopo di migliorare la qualità dell’acqua riducendo ulteriormente i rischi per la salute.

In Italia, sottolinea Giorgio Temporelli, la qualità media dell’acqua in rubinetto è molto buona, tuttavia la direttiva si concentra su una parte che non è prevista dal monitoraggio, ovvero quella che va dal contatore al rubinetto. La normativa 31/2001 prevede infatti che la responsabilità del gestore dell’acquedotto si fermi al contatore, da qui al rubinetto c’è tutto un tratto interno allo stabile con magari dei serbatori o impianti di trattamento, dove la qualità dell’acqua si può alterare e la responsabilità è del proprietario dello stabile: amministratore di condominio, dirigente scolastico, direttore sanitario… e non del gestore.

La nuova direttiva promuove l’utilizzo di impianti di trattamento domestico per migliorare l’alterazione dovuta a questo ultimo tratto.

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